psittacosi

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arwen78
TOPIC_ICON3  view post Posted on 29/8/2004, 10:52




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psittacosi


La C. Psittaci infetta numerose specie di uccelli e di mammiferi, oltre l'uomo; gli ospiti preferiti sembrano essere i pappagalli ed i piccioni, in cui l'infezione o è del tutto asintomatica o provoca una malattia caratterizzata da abbondante secrezione delle vie aeree superiori e diarrea. Tali deiezioni degli animali infetti, disperse nell'ambiente, rappresentano il veicolo d'infezione per l'uomo, che si infetta per via respiratoria, talvolta per beccate od unghiate; fortunatamente tale germe è assai poco resistente all'essiccamento, per cui il contagio può avvenire solo per contatto diretto. L'infezione tra i volatili, sia domestici (pappagallini, canarini) che da cortile (piccioni, galline ecc.), è notevolmente diffusa: alcuni campionamenti sierologici dimostrano una incidenza fino al 60% degli animali testati, più elevata in volatili importati dal Sud America (Brasile, Argentina).
La malattia umana, denominata "psittacosi" (psittakos= pappagallo) oppure "ornitosi" se acquisita da altra specie di uccelli, è un'infezione acuta che può decorrere in maniera oligosintomatica o con interessamento sistemico e grave polmonite, talora ad evoluzione fatale; è una tipica antropo-zoonosi, anche se non si può escludere il contagio inter-umano, peraltro assai raramente descritto. Date le modalità di contagio, risultano professionalmente esposti allevatori ed importatori di uccelli, imbalsamatori, cacciatori, veterinari ed agricoltori.
La C. Pneumoniae (o C. TWAR), invece, è correlata ad infezioni polmonari, con quadro anatomo-patologico e clinico in tutto simile alla Psittacosi, ma per esclusivo contagio inter-umano.
Nei neonati, soprattutto immaturi, è descritta una gravissima e letale polmonite da C. Trachomatis (ad impronta necrotico-emorragica), per contaminazione dai genitali materni infetti durante il parto.
Anche se il polmone rappresenta sia la via di penetrazione nell'organismo che l'organo maggiormente colpito, in realtà le Chlamydie si localizzano preferenzialmente nelle cellule del Sistema Reticolo Istiocitario (milza, fegato, endoteli) e solo in un secondo momento giungono negli spazi interstizio-alveolari per via ematica, veicolate dalle cellule monocitarie. Si ha un abbondante essudato interstiziale, inizialmente ricco di polimorfonucleati poi di cellule mononucleate; abbastanza velocemente si produce anche essudazione endoalveolare, con aspetto anatomo-patologico di consolidamento gelatinoso del parenchima polmonare e piccole chiazze emorragiche. L'interessamento del sistema reticolo-endoteliale determina una capillarite micro-emorragica diffusa di tutti gli organi, ed in alcuni di essi è possibile osservare degenerazione torbida o ialina dei tessuti.
Il quadro clinico è assai vario, da forme quasi inapparenti a forme acute fulminanti; generalmente si ha un notevole impegno generale, vere e proprie sepsi a partenza polmonare. Il periodo di incubazione è di 7-15 giorni, l'esordio è brusco, con febbre elevata (39°-40°C.), preceduta da brividi intensi, grave malessere, nausea, stato stuporoso o delirio, mialgie diffuse. Sono presenti bradicardia relativa e frequentemente epistassi; talora compare un esantema rubeoliforme, costituito da piccoli elementi rosei, sparsi su tutto il corpo, non confluenti, non pruriginosi (macchie di Horden). L'epistassi e le roseole, così come la compromissione del sensorio e la bradicardia, sono espressione di un danno degli endoteli vasali, a cui probabilmente contribuisce l'intenso stato tossiemico.
Il coinvolgimento dell'apparato respiratorio è denunciato dalla tosse, dapprima secca, stizzosa ed insistente, in seguito con abbondante produzione di espettorato mucoso o muco-purulento, con evidenti striature di sangue, talora con l'aspetto "rugginoso" tipico della polmonite lobare franca. Il paziente è in genere tachipnoico ma non dispnoico ed eccezionalmente presenta cianosi.
L'obiettività toracica risulta più ricca che nelle altre polmoniti interstiziali: si sentono crepitii e rantoli fini, ed è possibile rilevare ipofonesi percussoria. Tuttavia il reperto obiettivo rimane pur sempre inferiore alla estensione dell'infiltrato polmonare radiologicamente apprezzabile, costituito per lo più da addensamenti multipli, anche bilaterali, grossolanamente rotondeggianti, con margini irregolari che sfumano in aree di interstiziopatia a varia estensione e localizzazione, senza un evidente impegno degli ili polmonari.
Rispetto alle altre polmoniti interstiziali gli esami di laboratorio mostrano una VES piuttosto elevata ed una discreta leucocitosi; talvolta si ha, invece, leucopenia.
La diagnosi differenziale si deve porre con la febbre tifoide, con le sindromi meningee e con le broncopolmoniti batteriche; l'isolamento dell'agente eziologico, dopo inoculazione del sangue o dell'espettorato sospetti in animali di laboratorio, è estremamente difficile ed anche pericoloso per chi lo attua. Molto più semplici ed efficaci le tecniche sierologiche, con cui si evidenziano anticorpi specifici Fissanti il Complemento, che a titoli >1:32 sono suggestivi di infezione da Chlamydia; purtroppo gli antigeni del commercio sono comuni anche alla Chlamydia Trachomatis, per cui è possibile positività anche in caso di tracoma o linfogranuloma venereo od uretrite. Il dato epidemiologico della coabitazione del malato con volatili domestici od il soggiorno anche momentaneo in ambienti possibilmente contaminati (piccionaie, negozi di uccelli, monumenti abitati da piccioni) facilita la diagnosi di Psittacosi; meno agevole la diagnosi di polmonite da C. TWAR (non molto diffusa) mentre va sempre sospettata l'eziologia da C. Trachomatis nella polmonite grave del neonato.

da http://utenti.lycos.it/infectionline/chlamydi.htm



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Grave malattia infettiva, dovuta a un virus filtrabile, che colpisce soprattutto i pappagalli, ma riscontrabile anche in altri volatili da gabbia e da cortile, nei topi e in altri mammiferi fra cui conigli, bovini e ovini, cani e gatti, scimmie, ecc. it inoltre trasmissibile all’uomo, il che l’ha resa molto temuta specie in passato allorché non esistevano ancora i farmaci antibiotici. Esiste tuttora dell’incertezza sul fatto se devonsi considerare l’ornitosi e la psittacosi due mali diversi oppure due aspetti differenti d’una sola entità patologica. Nemmeno l’autopsia’ fornisce una dimostrazione al riguardo. Solo con esperimenti di laboratorio su animali cavia si può rilevare qualche differenza nell’azione patogena a seconda del sistema d’inoculazione. In pratica gli agenti responsabili dell’ornitosi e della psittacosi sono estremamente vicini; si tratta di virus ancora poco conosciuti denominati’ meyagawanella ornithosis e meyagawanella psittaci. L’infezione da essi prodotta è uguale. Secondo la delibera della commissione tenutasi a Stoccolma nel 1938, questa malattia e un infezione generalizzata dell’uomo e degli psittacidi determinata da un organi­smo del gruppo psittacosi-linfogranulomastosi”. In pratica con il termine di “ornitosi” si indica l’infezione che colpisce volatili diversi dagli psittacidi, mentre la “psittacosi” è l’infezione dei pappagalli. Come detto, il male è trasmissibile all’uomo ed a proposito va notato che generalmente l’ornitosi causa nella specie umana disturbi meno gravi che non la psittacosi, cioè in pratica è più pericoloso per un uomo essere contagiato da un pappagallo che non da qualsiasi altra specie di uccello o di mammifero. Di fatto è soprattutto nei pappagalli che tale male si può manifestare; quando sul principio degli anni trenta fu reso noto che tali uccelli ne sono affetti, si ebbe una tendenza generale a evitare l’allevamento degli psittacidi, di cui in molti Paesi fu proibita l’importazione dei soggetti selvatici. In seguito, con la scoperta del fatto che il male può presentarsi anche negli altri pennuti ed essendo stato accertato che esso non minaccia i soggetti nati in cattività, mentre per quelli provenienti dall’estero risultarono sufficienti i regolari periodi di quarantena all’atto dell’importazione, i timori si placarono e i pappagalli continuarono ad essere richiesti quali volatili ornamentali. In effetti il pericolo della psittacosi è quasi inesistente per i piccoli pappagalli nati in cattività e per quelli acquistati presso un importatore coscienzioso.
L’ornitosi-psittacosi è un male che può restare nascosto (in tal caso sorge il pericolo dei portatori occulti) oppure svilupparsi in forma sporadica o più o meno epidemica. Il contagio è per lo più diretto, soprattutto attraverso le vie respiratorie e l’apparato digerente. Costituiscono veicolo di contagio gli escrementi, gli scoli oculari e nasali, nonché i diversi organi e il sangue dei malati. Gli strapazzi conseguenti a un lungo viaggio, gli eccessivi abbassamenti termici, le gabbie mal tenute e sovraffollate, un regime alimentare povero, sono tutte cause che favoriscono il manifestarsi della malattia già latente. I soggetti giovani, fino agli Otto mesi di età, risultano in genere i più sensibili al contagio.
L’ornitosi si manifesta di norma con sintomatologia prevalentemente nervosa; dopo un’incubazione che varia in genere dai tre giorni alle due settimane, i malati appaiono sonnolenti, con inappetenza, presentano disturbi dell’equilibrio e defecazione diarroica preceduta di norma da sete intensa. La psittacosi si manifesta per lo più in forma acuta o subacuta. Nel primo caso i sintomi sono: inappetenza, temperatura più alta del normale, piumaggio arruffato, sete, diarrea, sonnolenza, debolezza con impossibilità di sostare sul posatoio, brividi, scolo nasale e spesso anche oculare di consistenza sieromucosa e, infine, vomito, convulsioni e paralisi che preludono alla morte sopravveniente

nel giro d’una settimana o anche meno, più raramente dopo una quindicina di giorni. Nella forma subacuta a volte non ci sono segni dinici.oppure si notano disturbi respiratori: respiro affannoso, tosse, starnuti e scolo nasale e oculare.

Se si sospetta un’infezione di ornitosi-psittacosi bisogna ricorrere subito a un laboratorio specializzato per una diagnosi sperimentale Al laboratorio verrà inviato un soggetto deceduto racchiuso in un sacchetto di plastica chiuso ermeticamente; per precauzione il cadavere del pennuto, prima di essere chiuso nel sacchetto, va immerso in una soluzione di lisolo al 5%. Non conviene curare i soggetti malati perché anche in caso di guarigione l’allevamento darebbe ricetto a portatori del male. Meglio sopprimere i malati e cremarne le spoglie, provvedendo nel contempo a una totale accuratissima disinfezione di locali, gabbie e accessori. Superfluo dire che data la trasmissibilità del male all’uomo, bisogna usare la massima cautela, soprattutto nel maneggiare i pennuti morti. L’eventuale cura di soggetti di particolare valore si basa sulla somministrazione di aureomicina o terramicina. Buoni risultati sono stati ottenuti con il seguente trattamento: per i primi dodici giorni di cura iniezioni intramuscolari di terramicina oleosa nella dose (per uccelletti della taglia dei pappagallini ondulati; per soggetti più grandi aumentare in proporzione) di mg 12,50 una volta al dì; poi, fino al trentesimo giorno di cura, somministra­zione di terramicina in polvere nella dose di mg 10 miscelati a ogni etto di alimento. Tutta la cura dev’essere accompagnata da un’alimentazione bene equilibrata e ricca di vitamine.

Molto meglio cercare di prevenire l’insorgenza del male con l’accorta conduzione dell’allevamento e provvedendo a mettere in quarantena i soggetti di nuovo acquisto o quelli reduci dalle fatiche d’un viaggio. Taluni consigliano quale buon preventivo contro l’insorgenza del male la somministrazione di semi d’avena decorticati impregnati di tetracicina. Del tutto sconsigliabile la vaccinazione, che può creare soggetti portatori del male.

L’uomo può contrarre questo male in forma mortale; bisogna però aggiungere che con l’uso degli antibiotici esso non ha più l’estrema gravità d’una volta. Le statistiche ci informano che negli Stati Uniti d’America — dove l’allevamento amatoriale dei pappagalli e degli uccelli in genere è diffusissimo — non si sono più avuti casi mortali di questo male negli ultimi anni, mentre nel lustro precedente gli anni sessanta i casi di decesso rispetto a quelli di infezione erano risultati inferiori all’9%. In pratica i casi di ornitosi-psittacosi mortali per l’uomo si sono andati sempre più riducendo fino a scomparire del tutto nei Paesi usufruenti d’un efficiente servizio sanitario. L’infezione oltre che attraverso gli animali può avvenire anche da uomo a uomo. Sembra che il contagio sia più frequente tra gli uomini fra i trenta e cinquant’anni e che il personale addetto agli allevamenti acquisti col tempo una sorta di immunità. L’incubazione del male nell’uomo dura una o due settimane e può passare inavvertita; il male si manifesta, all’improvviso o progressivamente, con i seguenti sintomi: febbre, fenomeni nervosi, brividi e malessere generale, insonnia, fotofobia, cefalea. Il male può restare in questi limiti oppure aggravarsi con febbre altissima, diarrea, emorragia nasale, costipazione, e nei casi più gravi anche bronchite, broncopolmonite, corticopleurite e delirio. Anche per l’uomo la cura è basata sugli antibiotici, specialmente l’aureomicina e la terramicina, ed èin genere, come detto, coronata da successo. La convalescenza in ogni caso è assai lunga; rarissime le ricadute.


da http://www.inseparabile.com/psitaccosi.htm

 
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